Udine, 3.500 in corteo per chiedere politiche contro la crisi
Una nuova politica industriale, capace di far
ripartire l’economia e l’occupazione. Per salvare l’Italia, come recitava uno
striscione, un futuro di «repubblica fondata sul non lavoro». È quanto chiedono
al Governo e alla nuova Giunta regionale i 3.500 manifestanti scesi in piazza a
Udine segeundo l’appello di Cgil, Cisl e Uil del Fvg.
Alla mobilitazione
unitaria, a dodici giorni dalla manifestazione nazionale del 22 giugno, ha
risposto una partecipazione massiccia di lavoratori, a partire da quelli delle
tante aziende in crisi, giunti da ogni parte della regione. In testa al corteo,
che ha preso il via alle 18 da piazza Primo Maggio, i lavoratori della Cartiera
Romanello, ma ben visibili anche tanti altri striscioni di imprese colpite da
licenziamenti e cassa integrazione. Come la Italcementi di Trieste, un cui
dipendente, Marco Savi, è intervenuto in piazza XX Settembre a nome di tutti i
disoccupati, i cassintegrati, i lavoratori a rischio o precari.
Tra gli
interventi anche quelli del sindaco di Udine Furio Honsell e di Ferdinanda
Marchiol, studentessa dell’università di Udine, salita sul palco per esprimere
lo stato d’animo dei più giovani, i più colpiti da una disoccupazione che nella
fascia di età 15-24 anni supera il 30% anche in regione, dov’è salito di 10
punti in un solo anno.
«Tutti i settori sono in crisi. Solo l’edilizia
ha perso 5.000 posti di lavoro, le storiche aziende metalmeccaniche sono in
grande difficoltà e alcune hanno già chiuso. Ma la lista può continuare. Soffre
la chimica, soffre la cultura, soffre il turismo. Per questo chiediamo al nuovo
governo regionale di essere più coraggioso. Alle promesse elettorali devono
seguire i fatti». Così il segretario generale della Cisl Fvg Giovanni Fania, che
chiede inoltre un’azione più decisa per ridurre i costi della politica, «che
significa anche riordinare e semplificare l’assetto istituzionale, tagliando
sprechi e privilegi».
Un esempio per la politica, secondo il segretario della
Cgil Fvg Franco Belci, arriva dal mondo sindacale, con l’accordo su
rappresentanza e rappresentatività siglato da Cgil, Cisl e Uil nazionali il 31
maggio: «Un’intesa ““ dichiara ““ che dà finalmente attuazione all’articolo 39
della Costituzione, definendo le regole della rappresentanza e della democrazia
sui posti di lavoro, comprese quelle sulla validazione dei contratti». Quanto ai
rapporti tra i sindacati e la nuova Giunta, Belci auspica la costruzione di «un
modello di governance partecipato e di una politica di spesa strettamente legata
alle scelte programmatiche».
A ricordare le priorità d’intervento il
segretario della Uil Giacinto Menis: «Serve una politica industriale che punti
ad una difesa attiva del nostro tessuto produttivo e soprattutto delle piccole e
medie aziende. Altrettanto urgente è l’adozione di misure a favore
dell’edilizia, sbloccando il patto di stabilità , e l’introduzione di un reddito
di inserimento. Sappiamo che si tratta di interventi impegnativi, tanto più in
una fase di risorse decrescenti, e proprio per questo richiederanno una forte
volontà politica, unita alla capacità di riformare e riformarsi, razionalizzando
l’intera struttura istituzionale e disboscando il sistema delle
partecipazioni».
ripartire l’economia e l’occupazione. Per salvare l’Italia, come recitava uno
striscione, un futuro di «repubblica fondata sul non lavoro». È quanto chiedono
al Governo e alla nuova Giunta regionale i 3.500 manifestanti scesi in piazza a
Udine segeundo l’appello di Cgil, Cisl e Uil del Fvg.
Alla mobilitazione
unitaria, a dodici giorni dalla manifestazione nazionale del 22 giugno, ha
risposto una partecipazione massiccia di lavoratori, a partire da quelli delle
tante aziende in crisi, giunti da ogni parte della regione. In testa al corteo,
che ha preso il via alle 18 da piazza Primo Maggio, i lavoratori della Cartiera
Romanello, ma ben visibili anche tanti altri striscioni di imprese colpite da
licenziamenti e cassa integrazione. Come la Italcementi di Trieste, un cui
dipendente, Marco Savi, è intervenuto in piazza XX Settembre a nome di tutti i
disoccupati, i cassintegrati, i lavoratori a rischio o precari.
Tra gli
interventi anche quelli del sindaco di Udine Furio Honsell e di Ferdinanda
Marchiol, studentessa dell’università di Udine, salita sul palco per esprimere
lo stato d’animo dei più giovani, i più colpiti da una disoccupazione che nella
fascia di età 15-24 anni supera il 30% anche in regione, dov’è salito di 10
punti in un solo anno.
«Tutti i settori sono in crisi. Solo l’edilizia
ha perso 5.000 posti di lavoro, le storiche aziende metalmeccaniche sono in
grande difficoltà e alcune hanno già chiuso. Ma la lista può continuare. Soffre
la chimica, soffre la cultura, soffre il turismo. Per questo chiediamo al nuovo
governo regionale di essere più coraggioso. Alle promesse elettorali devono
seguire i fatti». Così il segretario generale della Cisl Fvg Giovanni Fania, che
chiede inoltre un’azione più decisa per ridurre i costi della politica, «che
significa anche riordinare e semplificare l’assetto istituzionale, tagliando
sprechi e privilegi».
Un esempio per la politica, secondo il segretario della
Cgil Fvg Franco Belci, arriva dal mondo sindacale, con l’accordo su
rappresentanza e rappresentatività siglato da Cgil, Cisl e Uil nazionali il 31
maggio: «Un’intesa ““ dichiara ““ che dà finalmente attuazione all’articolo 39
della Costituzione, definendo le regole della rappresentanza e della democrazia
sui posti di lavoro, comprese quelle sulla validazione dei contratti». Quanto ai
rapporti tra i sindacati e la nuova Giunta, Belci auspica la costruzione di «un
modello di governance partecipato e di una politica di spesa strettamente legata
alle scelte programmatiche».
A ricordare le priorità d’intervento il
segretario della Uil Giacinto Menis: «Serve una politica industriale che punti
ad una difesa attiva del nostro tessuto produttivo e soprattutto delle piccole e
medie aziende. Altrettanto urgente è l’adozione di misure a favore
dell’edilizia, sbloccando il patto di stabilità , e l’introduzione di un reddito
di inserimento. Sappiamo che si tratta di interventi impegnativi, tanto più in
una fase di risorse decrescenti, e proprio per questo richiederanno una forte
volontà politica, unita alla capacità di riformare e riformarsi, razionalizzando
l’intera struttura istituzionale e disboscando il sistema delle
partecipazioni».