Social card, ce la fa uno su 12
Più che una carta acquisti, è la carta della vergogna. La carta che alcuni, pur avendone diritto, si sono rifiutati di chiedere; la carta che con vergogna si esibisce alla cassiera del supermercato; la vergogna nel vedersela respinta perchè risulta non caricata; la vergogna di non poterla usare perchè quel punto vendita non è abilitato. Sono tanti i limiti in più, che si sommano alle numerose difficoltà che il percorso necessario per cercare di ottenerla porta con sè. E’ la “social card”. Ed è su di essa, e sul governo che l’ha istituita, che si scagliano gli strali dello Spi Cgil, il sindacato dei pensionati della Cgil, che ieri ha “messo in piazza” la corsa ad ostacoli della famigerata carta. Un percorso tracciato sul pavimento di piazza XX Settembre, 12 cartelli con indicati gli altrettanti requisiti che fanno il discrimine tra chi quella carta riuscirà ad ottenerla, e i tanti, la stragrande maggioranza, che viene escluso, tappa dopo tappa. Del gruppo di persone che ha iniziato questa corsa ad ostacoli, solo uno è arrivato alla fine: uno su 12, ovvero l’8%. In altre province d’Italia è andata diversamente: a Ragusa, stessi abitanti di Pordenone, sono state distribuite 4.557 social card, a Pordenone solo 548.
Ed eccoli gli ostacoli. Il primo riguarda l’età: se hai più di 65 anni puoi andare avanti, se ne hai di meno sei escluso. Sei un cittadino italiano e residente in Italia? Bene, hai una chanches, vai avanti; sei straniero, vai fuori. Nel 2007 hai pagato tasse? Ovvero sei stato così “ricco” da non risultare incapiente? Ti fermi qui; se invece sei al di sotto della soglia di povertà, vai avanti. Hai trattamenti pensionistici o assistenziali inferiori a 6 mila euro l’anno, oppure 8 mila se hai 70 anni? Puoi proseguire; in caso contrario sei escluso. Hai un Isee non superiore a 5.999 euro? Puoi ancora sperare; in caso contrario torna pure a casa. Per caso sei comproprietario di un qualche immobile con una quota superiore al 25%? Sei fuori. Per caso possiedi il 10% di una tettoia o di un garage o di un ripostiglio? Niente da fare, rinuncia. Sei stato così previdente da mettere da parte i soldi per il tuo funerale? Spiacente, sei troppo ricco per la social card. Sei ricoverato in casa di riposo e la pubblica amministrazione paga parte della tua retta? No, non va bene, sei escluso. Sei intestatario di una sola utenza elettrica? Lo puoi dimostrare? Allora va bene, prosegui. Sei intestatario di una sola utenza del gas? Lo puoi dimostrare? Ok, procedi pure. Risulti proprietario di un solo veicolo? D’accordo, rimani.
E dopo tutte queste domande e aver soddisfatto tutti questi requisiti, ecco che una persona completa il percorso e ottiene la social card. «Ma non era più semplice aggiungere quei 40 euro alla pensione? Evitando – spiega Daniele Roviani dello Spi Cgil – di costringere tante persone anziane a questo tormentato percorso, ferendole nella loro dignità?». E magari riversando qualcosa di più di una “miseria” nelle tasche della povera gente. Perchè non è vero che mancano i soldi «se sono stati trovati 700 milioni di euro per il solo Comune di Roma, mentre ai 16 milioni di pensionati italiani sono stati riconosciuti 460 milioni di euro. Se ben 140 milioni sono stati dati al Comune di Catania anche per pagare consulenze con le ballerine». Per non parlare dei costi della social card: oltre 40 milioni, quasi il 10% dello stanziamento, e i problemi di utilizzo. Sì perchè la card è spendibile solo nei punti vendita che aderiscono al circuito Master card, non tutti, quindi, e certamente non il piccolo esercizio sotto casa nel quale le persone anziane solitamente fanno i propri acquisti. (Elena Del Giudice)
«Tanta fatica e poi non l’abilitano»
Lei ce l’ha fatta. Dopo un percorso che, tra una cosa e l’altra, ha richiesto quasi un mese per venire completato, ha finalmente ottenuto la famigerata “social card”. Maria Luisa Melchior è una giovane pensionata in ottima salute che destina parte del suo tempo libero a fare volontariato all’interno del sindacato, e ha messo la sua esperienza a servizio delle tante persone anziane che si sono rivolte allo Spi Cgil per riuscire ad ottenere la card oppure il bonus famiglia.
«Ricordo una signora ottantenne, ai limiti dell’autosufficienza, che deambula con l’ausilio di due stampelle, e che è arrivata allo sportello per chiedere assistenza. Non aveva nessuno in grado di accompagnarla, e quindi faticosamente ha dovuto completare tutto il percorso, recuperare i documenti sulla situazione reddituale, poi compilare l’Isee, poi ritornare in posta, e alla fine ottenere la carta». Tanta strada da percorrere con fatica, tante code davanti ai diversi sportelli, e poi ottenere l’agognata tessera che, però, non può spendere nel negozio sotto casa perchè non è tra quelli abilitati.
Racconta Maria Luisa dell’umiliazione delle persone che si sentono dire, dalla cassiera: «scusi signora, ma guardi che la sua carta non è stata abilitata», e magari hanno accanto il carrello della spesa pieno ma non la somma in contanti sufficiente per pagare il conto. «Un disguido accaduto spesso – prosegue – perchè non viene spiegato alle persone che il fatto di avere in mano materialmente la carta, non significa che questa sia stata ancora abilitata». I tempi rimangono indefiniti, legati come sono ai doppi controlli dell’Inps. Altra questione: «se per errore l’Inps respinge la pratica – spiega un’altra pensionata -, non ci sono alternative: bisogna rifare tutto il percorso, e i 120 euro di “arretrati” vanno perduti». (e.d.g.)