Referendum Day: anche in Fvg la mobilitazione per i quesiti su voucher e appalti

Oltre 50mila lavoratori interessati e 6 milioni di voucher venduti lo
scorso anno, con un tasso di crescita del 40% dal 2011 e del 20% lo
scorso anno rispetto al 2015. Questi i numeri dell’emergenza voucher in
Friuli Venezia Giulia, dove il fenomeno ““ analogamente a quanto avviene
nel resto del Paese ““ si sta rivelando sempre più come una scorciatoia
per aggirare le tutele legilative e contrattuali, piuttosto che uno
strumento per regolarizzare e far emergere dal nero il cosiddetto lavoro
accessorio. A fronte di un numero di utilizzatori che come detto supera
in regione le 50mila unità  complessive nel corso dell’anno, e che una
volta noti i dati dell’intero 2016 potrebbe sfiorare le 60mila, cresce
anche il numero di lavoratori per i quali i voucher sono l’unico
reddito, stimati dalla Cgil in almeno 6.000 unità , a testimonianza di un
fenomeno sempre meno marginale nell’ambito del panorama occupazionale
regionale.
A sottolineare questi dati è il segretario regionale della
Cgil Villiam Pezzetta, in occasione del “referendum day”, la giornata
di mobilitazione indetta dalla Cgil per sollecitare il Governo a
definire le date delle consultazioni su voucher e appalti, i due quesiti
promossi dal principale sindacato italiano con oltre 1,1 milione di
firme, e “sopravvissuti” al vaglio della Corte Costituzionale, che ha
invece dichiarato inammissibile il terzo referendum, quello
sull’articolo 18. «La battaglia per reintrodurre nuove misure contro i
licenziamenti illegittimi proseguirà  con forme diverse ma nonostante la
bocciatura del quesito sull’articolo 18 siamo fermamente convinti
dell’importanza cruciale di questa campagna referendaria, che mira ad
abrogare l’attuale legislazione per introdurre nuove regole a tutela di
quelle fasce di lavoratori più esposti alla precarietà , come sono
appunto quelli retribuiti con i voucher e quelli impegnati nella catena
degli appalti», spiega ancora Pezzetta, al termine di una giornata che
ha visto la Cgil in piazza a Trieste, Monfalcone, Udine e Pordenone.
A
rendere più crudi i numeri, per la Cgil, anche il loro impatto, che
grava in modo più pesante sulle giovani generazioni. «La tendenza cui
assistiamo, e che vogliamo invertire con la campagna sui referendum e
con la proposta di legge chiamata Carta dei diritti universali del
lavoro, è una progressiva tendenza alla precarizzazione,
all’impoverimeto e alla perdità  di qualità  complessiva del lavoro. Se i
voucher sono in questo momento la punta dell’iceberg, l’andamento
complessivo del mercato del lavoro ““ dichiara il segretario regionale ““
ci dice non solo che l’occupazione non riparte, e che il boom di
assuznioni a tempo indeterminato registrato nel 2015 si è sgonfiato con
il venir meno degli incentivi, ma anche che la disoccupazione e la
precarietà  penalizzano soprattutto i giovani. Se nel 2008 gli under 35
occupati in regione erano 150mila, il 30% del totale, a fine 2015 erano
101mila, poco più del 20%. Da quasi 1 su 3 a poco meno di 1 su 5. E se
l’impatto negativo della crisi è di 20mila posti persi, è evidente che
non siamo di fronte solo a un calo occupazionale, ma a un invecchiamento
del mercato del lavoro che rischia di rivelarsi una condanna per
un’intera generazione».
In questo contesto generale, segnato dalla
crisi e dall’innalzamento dell’età  pensionistica, forme precarie di
lavoro come le collaborazioni, le partite Iva obbligate e i voucher
rischiano di essere per i giovani l’unica o la princiopale porta
d’ingresso nel mercato del lavoro. «Non a caso ““ rimarca ancora Pezzetta
““ il 60% degli utilizzatori di buoni lavoro si colloca nella fascia al
di sotto dei 40 anni». Una realtà  che per qualcuno rischia di
trasformarsi in disperazione, come ha purtroppo rivelato nel modo più
tragico la vicenda del giovane friulano suicidatosi la scorsa settimana:
«Lungi da noi ““ conclude Pezzetta ““ l’intento di strumentalizzare
quella che è innanzitutto una tragedia privata. Casi come questo, però,
devono suonare come un monito per tutti: per le imprese, il sindacato,
la politica, la società  civile nel suo complesso, perché è evidente che
se non torniamo a dare ai giovani una speranza e una prospettiva, di
lavoro e di vita, parlare di ripresa non ha senso».