L’altra faccia dell’emergenza Covid: cresce il numero di anziani senza assistenza
C’è un aspetto sottovalutato dell’emergenza Covid. Che non sono
soltanto quelli noti, relativi ai contagi, ai decessi, ai ricoveri,
all’impatto su lavoro e imprese. Le ripercussioni sono pesantissime
anche nell’ambito dell’assistenza ad anziani e non autosufficienti, una realtà che in Fvg riguarda non meno di 80mila persone, concentrate in particolare nella fascia di età al di sopra dei 75 anni, e sempre più in difficoltà nel trovare una risposta
“istituzionale”. A lanciare l’allarme sono le segreterie dei
sindacati pensionati Cgil-Cisl-Uil del Friuli Venezia Giulia con i
rispettivi coordinamenti donne, preoccupati «dall’aggravarsi di
un’emergenza che ricade sempre più sulle spalle delle famiglie e
in particolare delle donne, asse portante non tutelato di quel
welfare informale che compensa, anche nella nostra regione, le
carenze del sistema pubblico».
soltanto quelli noti, relativi ai contagi, ai decessi, ai ricoveri,
all’impatto su lavoro e imprese. Le ripercussioni sono pesantissime
anche nell’ambito dell’assistenza ad anziani e non autosufficienti, una realtà che in Fvg riguarda non meno di 80mila persone, concentrate in particolare nella fascia di età al di sopra dei 75 anni, e sempre più in difficoltà nel trovare una risposta
“istituzionale”. A lanciare l’allarme sono le segreterie dei
sindacati pensionati Cgil-Cisl-Uil del Friuli Venezia Giulia con i
rispettivi coordinamenti donne, preoccupati «dall’aggravarsi di
un’emergenza che ricade sempre più sulle spalle delle famiglie e
in particolare delle donne, asse portante non tutelato di quel
welfare informale che compensa, anche nella nostra regione, le
carenze del sistema pubblico».
DONNE SOTTO PRESSIONE. Non è un caso che l’esse-o-esse arrivi alla
vigilia dell’8 marzo. «Sono infatti le donne ““ spiegano Daniela
Vivarelli (Spi-Cgil), Renato Pizzolitto (Fnp-Cisl) e Magda
Gruarin (Uilp) ““ a sostenere gran parte di quell’aggravio dei
carichi assistenziali e familiari legato alla pandemia: una realtà
che non riguarda solo l’assistenza agli anziani, messa in crisi
dall’impatto dei contagi sulle case di riposo, sull’assistenza
domiciliare e sul lavoro domestico regolare e sommerso, e che sta
mettendo in crisi, vista anche l’estensione del ricorso alla
didattica a distanza nelle scuole, modelli consolidati di
organizzazione familiare».
vigilia dell’8 marzo. «Sono infatti le donne ““ spiegano Daniela
Vivarelli (Spi-Cgil), Renato Pizzolitto (Fnp-Cisl) e Magda
Gruarin (Uilp) ““ a sostenere gran parte di quell’aggravio dei
carichi assistenziali e familiari legato alla pandemia: una realtà
che non riguarda solo l’assistenza agli anziani, messa in crisi
dall’impatto dei contagi sulle case di riposo, sull’assistenza
domiciliare e sul lavoro domestico regolare e sommerso, e che sta
mettendo in crisi, vista anche l’estensione del ricorso alla
didattica a distanza nelle scuole, modelli consolidati di
organizzazione familiare».
ANZIANI
SENZA RISPOSTE. Se in tempi normali sono almeno 30mila i non
autosufficienti della regione che trovano una risposta organizzata
alle loro esigenze di supporto quotidiano, dalle case di riposo, dai
servizi di assistenza domiciliare dei Comuni o da un rapporto
contrattualizzato di lavoro domestico, questo numero è sensibilmente
sceso nel corso di questa emergenza. «Oltre a una riduzione dei
posti letto in casa di riposo ““ spiegano Vivarelli, Pizzolitto e Gruarin ““ pari ad almeno il 30% di quelli occupati prima della
pandemia, e stimabile quindi in oltre 3mila utenti, è ipotizzabile
anche un impatto negativo sui circa 7mila utenti dell’Adi
(assistenza domiciliare integrata, ndr) e anche nell’ambito del
lavoro domestico, che in base agli ultimi dati Inps, risalenti al
2019, vedeva un totale di 20mila contratti attivati nel corso di un
anno solare, ma con una media mensile di 15mila. Considerato che solo
tra gli over 80 i non autosufficienti sono quasi 30mila, e oltre
25mila nella fascia di età tra i 65 e gli 80 anni, esiste il forte
rischio che una crescente quota di anziani bisognosi di assistenza
resti senza risposte. O che sia costretto a trovarle ricorrendo al
lavoro sommerso o in ambito parentale, con un inevitabile impatto
nelle condizioni reddituali e lavorative delle famiglie, e in
particolare delle donne».
SENZA RISPOSTE. Se in tempi normali sono almeno 30mila i non
autosufficienti della regione che trovano una risposta organizzata
alle loro esigenze di supporto quotidiano, dalle case di riposo, dai
servizi di assistenza domiciliare dei Comuni o da un rapporto
contrattualizzato di lavoro domestico, questo numero è sensibilmente
sceso nel corso di questa emergenza. «Oltre a una riduzione dei
posti letto in casa di riposo ““ spiegano Vivarelli, Pizzolitto e Gruarin ““ pari ad almeno il 30% di quelli occupati prima della
pandemia, e stimabile quindi in oltre 3mila utenti, è ipotizzabile
anche un impatto negativo sui circa 7mila utenti dell’Adi
(assistenza domiciliare integrata, ndr) e anche nell’ambito del
lavoro domestico, che in base agli ultimi dati Inps, risalenti al
2019, vedeva un totale di 20mila contratti attivati nel corso di un
anno solare, ma con una media mensile di 15mila. Considerato che solo
tra gli over 80 i non autosufficienti sono quasi 30mila, e oltre
25mila nella fascia di età tra i 65 e gli 80 anni, esiste il forte
rischio che una crescente quota di anziani bisognosi di assistenza
resti senza risposte. O che sia costretto a trovarle ricorrendo al
lavoro sommerso o in ambito parentale, con un inevitabile impatto
nelle condizioni reddituali e lavorative delle famiglie, e in
particolare delle donne».
LA PROPOSTA. Per far fronte a questa situazione, e auspicando che
«un’accelerazione della campagna vaccinale possa contribuire a
contrastare efficacemente la terza ondata in atto e a sconfiggere il
virus», Spi-Cgil, Fnp-Cisl e Uilp-Uil chiedono alla Regione di
mettere in campo «un mix di misure straordinarie e strutturali
capaci di mettere in sicurezza il sistema dell’assistenza ad
anziani e non autosufficienti». A fianco di misure nazionali sul
potenziamento dei congedi, i sindacati pensionati caldeggiano in
particolare, nel breve periodo, l’inserimento delle lavoratrici
domestiche tra le categorie prioritarie per l’accesso ai vaccini e
l’individuazione di strutture e misure in grado di garantire una
migliore protezione di ospiti e lavoratori delle case di riposo. Per
quanto riguarda gli interventi strutturali, invece, «c’è
l’esigenza di potenziare i presidi sanitari territoriali,
incrementare il sostegno alle famiglie nel pagamento delle rette in
casa di riposo, riconoscere il ruolo fondamentale dei cosiddetti
caregiver familiari, con una legge ad hoc che prenda spunto da
quella in vigore da ormai sette anni in Emilia Romagna». Attraverso
interventi di questo tipo, concludono le segreterie Spi, Fnp e
Uilp, il Friuli Venezia Giulia potrà non soltanto migliorare la sua
capacità di risposta di fronte a nuove emergenze, ma anche garantire
il rinnovamento e la tenuta di un sistema di welfare adeguato alle
trasformazioni di una società dove il numero di anziani, non
autosufficienti e malati cronici continuerà a registrare una
progressiva crescita.
«un’accelerazione della campagna vaccinale possa contribuire a
contrastare efficacemente la terza ondata in atto e a sconfiggere il
virus», Spi-Cgil, Fnp-Cisl e Uilp-Uil chiedono alla Regione di
mettere in campo «un mix di misure straordinarie e strutturali
capaci di mettere in sicurezza il sistema dell’assistenza ad
anziani e non autosufficienti». A fianco di misure nazionali sul
potenziamento dei congedi, i sindacati pensionati caldeggiano in
particolare, nel breve periodo, l’inserimento delle lavoratrici
domestiche tra le categorie prioritarie per l’accesso ai vaccini e
l’individuazione di strutture e misure in grado di garantire una
migliore protezione di ospiti e lavoratori delle case di riposo. Per
quanto riguarda gli interventi strutturali, invece, «c’è
l’esigenza di potenziare i presidi sanitari territoriali,
incrementare il sostegno alle famiglie nel pagamento delle rette in
casa di riposo, riconoscere il ruolo fondamentale dei cosiddetti
caregiver familiari, con una legge ad hoc che prenda spunto da
quella in vigore da ormai sette anni in Emilia Romagna». Attraverso
interventi di questo tipo, concludono le segreterie Spi, Fnp e
Uilp, il Friuli Venezia Giulia potrà non soltanto migliorare la sua
capacità di risposta di fronte a nuove emergenze, ma anche garantire
il rinnovamento e la tenuta di un sistema di welfare adeguato alle
trasformazioni di una società dove il numero di anziani, non
autosufficienti e malati cronici continuerà a registrare una
progressiva crescita.