L’allarme dello Spi: crisi e disuguglianze, povertà in aumento anche tra gli anziani
La crisi non è uguale per
tutti. Anzi, essa ha contribuito ad accentuare le disuguaglianze, allargando le
aree di povertà e disagio. A pagarne le conseguenze, in particolare, le donne e
i giovani, sempre più spesso confinati ai margini del mercato del lavoro, ma
anche molti anziani, colpiti dalla perdita del potere d’acquisto in dieci anni,
-30% negli ultimi dieci anni, e dal rincaro dei ticket, che costringe un numero
crescente di persone a rinunciare a cure ed esami.
A lanciare l’allarme il Sindacato
pensionati Cgil del Fvg , con il segretario Ezio Medeot, in occasione della 7°
festa regionale del periodico Liberetà , tenutasi questa mattina a Ronchi dei
Legionari. Sulla stessa linea il segretario generale della Cgil Fvg Franco
Belci: «La crisi ha esasperato le differenze e i disastri del neoliberismo,
accelerando il processo di concentrazione della ricchezza. Tra i prodotti più
nefasti della crisi anche il lavoro povero, perché precario e sottopagato,
purtroppo in costante espansione anche in questa regione».
Oltre a Medeot e Belci, alla
tavola rotonda su crisi e disuguaglianze organizzata in occasione della festa
hanno preso la parola anche Pino Roveredo e la storica Elisabetta Vezzosi,
dell’università di Trieste. «Quella di oggi ““ ha detto lo scrittore ““ è una
forma nuova di povertà e di disagio, credo più grave di quella che io ho
provato sulla mia pelle da giovane: oggi, infatti, mancano quel senso di
speranza, quella solidarietà e anche quell’impegno politico che allora riuscivano
a rendere più accettabile la povertà , a darle dignità . Credo che tutto questo
sia anche il prodotto della pessima politica che ha caratterizzato il Paese
negli ultimi vent’anni».
Tra i temi toccati anche
quello della violenza sulle donne, uno degli aspetti più drammatici di una
condizione femminile che la crisi sta contribuendo a peggiorare. «Per
contrastare violenza e femminicidio ““ secondo Elisabetta Vezzosi ““ sono
necessarie buone leggi, sul modello di quella spagnola, ma serve soprattutto
una svolta culturale, che deve partire dai primissimi anni di scuola».