Gorizia, l’appello dei pensionati Cgil: sì all’Europa dell’accoglienza
«Non siamo qui per celebrare il passato, ma per ricordarlo e trarne una lezione che ci aiuti a vivere meglio il presente. Evitando nuove derive per un continente che tutt’oggi, a cento anni dalla Prima guerra mondiale e 58 anni dopo il trattato di Roma, appare purtroppo ancora debole e diviso». Queste l’appello con cui Carla Cantone ed Ezio Medeot, segretari dello Spi-Cgil nazionale e del Friuli Venezia Giulia, hanno aperto questo pomeriggio i due giorni di lavori di Guerra e pane, il convegno-evento che si svolge oggi e domani al Conference center di Gorizia su iniziativa del sindacato pensionati Cgil, alla presenza del presidente della Provincia Enrico Gherghetta e del rettore dell’università di Trieste Maurizio Fermeglia.
«Gorizia ““ ha aggiunto Medeot ““ non è stata soltanto la “capitale” della guerra, il suo fronte più cruento con oltre 300mila morti. Questa città resta un crocevia della storia europea: cent’anni fa perché frontiera con l’impero asburgico, oggi per quei confini di cui qualcuno oggi sembra sentire nostalgia, a soli 11 anni dall’allargamento che segnò l’ingresso della Slovenia nell’Ue, celebrato proprio qui il 1° maggio 2004 anche dai segretari nazionali di Cgil, Cisl e Uil». Chiaro il riferimento all’emergenza migranti e alla sua escalation nelle ultime settimane, fino al recente intervento di Medici senza frontiere nel capoluogo isontino, con le susseguenti polemiche tra il sindaco Ettore Romoli, gli stessi Msf e la Caritas: «Non abbiamo compreso né tantomeno condiviso le prese di posizione del sindaco ““ ha commentato ancora Medeot ““, perché la priorità era quella di intervenire per far fronte all’emergenza umanitaria di decine di immigrati costretti a dormire al freddo, lasciando ad altre sedi la polemica sul mancato intervento di altri territori e altri comuni».
No a nuovi muri, quindi, e sì a un’Europa capace di vincere insieme le sue sfide, dall’accoglienza ai migranti fino alla battaglia contro il terrorismo, evitando derive xenofobe e autoritarie di cui si intravedono purtroppo rinnovati sintomi. Questo il messaggio che lancia lo Spi nella giornata inaugurale del suo convegno, che verrà concluso domani mattina da Carla Cantone (ore 12) e alle 14 dalle visite al Sacrario e al Cimitero di guerra austro-ungarico di Redipuglia. «Non c’è nulla di più attuale ““ spiega la segretaria generale dei pensionati Cgil ““ che ricordare quello che avvenne durante la Grande Guerra, visti i nuovi conflitti che infiammano il mondo e il profilarsi di nuove xenofobie e nuovi muri in Europa».
Più che sull’aspetto bellico, la due giorni punta a ricostruire e spiegare quale fu, in quei tragici anni, il ruolo degli operai e dei contadini di queste terre, e quali cambiamenti la guerra determinò nel mondo del lavoro. «Cambiamenti per certi versi anche positivi ““ come ha spiegato aprendo il convegno il ricercatore della fondazione Luigi di Vittorio Edmondo Montali ““ perché contribuirono a un maggiore protagonismo dei lavoratori e in particolare delle donne, ma destinati ad essere presto spazzati via dall’ondata del totalitarismo, in Italia come in Germania. Segno che ogni conquista va difesa nel tempo, specie nell’ambito del lavoro».
Tra gli altri contributi di oggi da sottolineare lo studio del ricercatore friulano Matteo Ermacora sull’impatto del conflitto sulle zone rurali dell’Isontino occupate dall’esercito italiano e sul processo di ricostruzione agraria nelle terre redente. Un processo che puntava, come ha spiegato Ermacora, sia a garantire la continuità della produzione agricola, sia a conquistare la lealtà dei contadini del Friuli austriaco alle nuove autorità italiane. Ma entrambi gli obiettivi dovettero soccombere di fronte alle esigenze dell’approvvigionamento militare, alle razzie e ai continui movimenti di truppe culminati con la rotta di Caporetto.
«Gorizia ““ ha aggiunto Medeot ““ non è stata soltanto la “capitale” della guerra, il suo fronte più cruento con oltre 300mila morti. Questa città resta un crocevia della storia europea: cent’anni fa perché frontiera con l’impero asburgico, oggi per quei confini di cui qualcuno oggi sembra sentire nostalgia, a soli 11 anni dall’allargamento che segnò l’ingresso della Slovenia nell’Ue, celebrato proprio qui il 1° maggio 2004 anche dai segretari nazionali di Cgil, Cisl e Uil». Chiaro il riferimento all’emergenza migranti e alla sua escalation nelle ultime settimane, fino al recente intervento di Medici senza frontiere nel capoluogo isontino, con le susseguenti polemiche tra il sindaco Ettore Romoli, gli stessi Msf e la Caritas: «Non abbiamo compreso né tantomeno condiviso le prese di posizione del sindaco ““ ha commentato ancora Medeot ““, perché la priorità era quella di intervenire per far fronte all’emergenza umanitaria di decine di immigrati costretti a dormire al freddo, lasciando ad altre sedi la polemica sul mancato intervento di altri territori e altri comuni».
No a nuovi muri, quindi, e sì a un’Europa capace di vincere insieme le sue sfide, dall’accoglienza ai migranti fino alla battaglia contro il terrorismo, evitando derive xenofobe e autoritarie di cui si intravedono purtroppo rinnovati sintomi. Questo il messaggio che lancia lo Spi nella giornata inaugurale del suo convegno, che verrà concluso domani mattina da Carla Cantone (ore 12) e alle 14 dalle visite al Sacrario e al Cimitero di guerra austro-ungarico di Redipuglia. «Non c’è nulla di più attuale ““ spiega la segretaria generale dei pensionati Cgil ““ che ricordare quello che avvenne durante la Grande Guerra, visti i nuovi conflitti che infiammano il mondo e il profilarsi di nuove xenofobie e nuovi muri in Europa».
Più che sull’aspetto bellico, la due giorni punta a ricostruire e spiegare quale fu, in quei tragici anni, il ruolo degli operai e dei contadini di queste terre, e quali cambiamenti la guerra determinò nel mondo del lavoro. «Cambiamenti per certi versi anche positivi ““ come ha spiegato aprendo il convegno il ricercatore della fondazione Luigi di Vittorio Edmondo Montali ““ perché contribuirono a un maggiore protagonismo dei lavoratori e in particolare delle donne, ma destinati ad essere presto spazzati via dall’ondata del totalitarismo, in Italia come in Germania. Segno che ogni conquista va difesa nel tempo, specie nell’ambito del lavoro».
Tra gli altri contributi di oggi da sottolineare lo studio del ricercatore friulano Matteo Ermacora sull’impatto del conflitto sulle zone rurali dell’Isontino occupate dall’esercito italiano e sul processo di ricostruzione agraria nelle terre redente. Un processo che puntava, come ha spiegato Ermacora, sia a garantire la continuità della produzione agricola, sia a conquistare la lealtà dei contadini del Friuli austriaco alle nuove autorità italiane. Ma entrambi gli obiettivi dovettero soccombere di fronte alle esigenze dell’approvvigionamento militare, alle razzie e ai continui movimenti di truppe culminati con la rotta di Caporetto.