Sanità , sindacati verso la mobilitazione: il 22 luglio in piazza a Trieste
Sulla sanità i sindacati del Friuli Venezia Giulia sono pronti alla mobilitazione. Ad annunciarlo i segretari regionali di Cgil, Cisl e Uil, Villiam Pezzetta, Alberto Monticco e Giacinto Menis, nel corso di una conferenza stampa convocata a Udine per annunciare una prima manifestazione, in programma a Trieste mercoledì 22 luglio (presidio dalle ore 9.30 in via dell’orologio, adiacente a piazza Unità ). Dietro alla scelta «l’esigenza di un confronto» più volte sollecitata durante l’emergenza Covid e «tuttora inascoltata» dalla Giunta e dall’assessore. «Più volte ““ si legge nel documento unitario ““ abbiamo sollecitato occasioni di confronto con l’assessore: sull’andamento dei contagi, sulla gestione dell’epidemia negli ospedali e nelle casi di riposo, sugli organici e sulle assunzioni. È quanto chiediamo anche adesso, rivendicando l’esigenza di un nuovo piano di emergenza per gestire un’eventuale nuova fase di recrudescenza del contagio, nell’ambito di una più generale strategia di potenziamento e riorganizzazione della sanità pubblica e della rete dei servizi socio-assistenziali». Un appello che i sindacati confederali lanciano anche a nome delle federazioni del lavoro pubblico e dei pensionati, presenti a stamani a Udine con i segretari Orietta Olivo (Fp-Cgil), Massimo Bevilacqua (Cisl-Fp), Luciano Bressan (Fpl-Uil), Roberto Treu (Spi-Cgil), Renato Pizzolitto (Fnp-Cisl) e Magda Gruarin (Uilp).
Il pesante aggravio delle liste di attesa, le politiche sul personale, dalle assunzioni alla stabilizzazione dei precari, senza dimenticare la trattativa sui premi Covid, il rapporto pubblico privato, le risorse da investire sul potenziamento del servizio sanitario regionale, con il possibile accesso al Mes, il potenziamento dei servizi territoriali e della prevenzione, la gestione dell’emergenza negli ospedali e nelle case di riposo e il nuovo piano per gestire eventuali nuove ondate. Questi i principali punti affrontati dal documento unitario, che denuncia la crescita delle tensioni sindacali, confermate dallo sciopero del comparto già proclamato a Pordenone, e ribadisce il fermo no dei sindacati a un’ipotesi di crescita del ricorso al privato come soluzione per gestire il pesante aggravio delle liste di attesa.
La soluzione indicata per recuperare i ritardi accumulati è «un allungamento degli orari degli ambulatori attraverso nuove assunzioni», indispensabili per colmare un mancato turnover di 600 operatori nel periodo 2010-2018, rimasto sostanzialmente immutato nel 2019. Nessuna certezza, sostengono i sindacati, neppure sulle assunzioni fatte durante l’emergenza: «Si aggirano attorno alle 500 unità , ma in molti casi si tratta di personale precario», spiegano i sindacati, chiedendo «la massima attenzione per i lavoratori interinali assunti per lavorare nei reparti Covid e a rischio taglio», con il rischio anche di venire esclusi dal «giusto riconoscimento economico» che dovrà essere garantito ai lavoratori della sanità . Le assunzioni, precarie o a tempo indeterminato, non hanno peraltro impedito un forte ricorso allo straordinario, con ben 57mila ore tra marzo e maggio, per un volume mensile pari all’orario di 128 lavoratori a tempo pieno. Da qui l’esigenza di numeri certi sulla situazione azienda per azienda e sulle future strategie di assunzione.
«Solo una sintesi ““ concludono i sindacati ““delle priorità e delle ragioni che ci porteranno in piazza il 22 luglio, per quello che sarà un estremo appello alla ripresa del confronto. Confronto ineludibile e improrogabile, se vogliamo che il livello di tensione nelle relazioni sindacali, già forte in alcune realtà territoriali, venga ricondotto a una corretta dialettica sugli obiettivi strategici e sugli interventi da mettere in campo». E se questa esigenza continuerà a non trovare risposta, avvertono i segretari regionali, «la strada non potrà che essere quella della mobilitazione». Una mobilitazione che vedrà in prima fila anche i pensionati, fermi nel ribadire l’esigenza di nuove regole per l’accreditamento case di riposo e il loro no a una crescita del ricorso al privato.