Welfare, cinquemila in piazza contro le discriminazioni

Lavoratori, pensionati, studenti, tantissimi immigrati. Cinquemila persone hanno risposto all’appello di Cgil, Cisl e Uil e sono scese in piazza a Trieste per protestare contro la nuova legge sull’accesso al welfare approvata tre settimane fa dal Consiglio regionale. Accanto alle bandiere dei sindacati anche quelle di numerose associazioni e forze politiche: tra gli altri Acli, Arci, Alef, Anolf, Centro Balducci, sindacati di base, Comunisti Italiani e Sloveni, Rifondazione Comunista, Sinistra e Libertà, oltre alle rappresentanze delle comunità immigrate.
Il corteo, partito alle 15 da Piazza Unità d’Italia, si è concluso con un sit-in in piazzale Oberdan, davanti alla sede del Consiglio regionale. Ma la protesta non si ferma qui, hanno annunciato i segretari regionali di Cgil, Cisl e Uil, che hanno ribadito l’intenzione di avviare una battaglia giuridica contro la nuova norma. «Abbiamo affidato a un pool di avvocati – dichiara Franco Belci per la Cgil – l’incarico di verificare l’impugnabilità della legge in tutte le sedi possibili, compresa quella europea».
«Quella approvata dal Consiglio regionale – aggiunge il segretario regionale della Uil Luca Visentini – è in palese contrasto con la Costituzione , con la legislazione nazionale e con le normative comunitarie. Vengono discriminati non solo gli immigrati regolari, che lavorano e pagano le tasse, ma anche i cittadini italiani e comunitari provenienti da altre regioni e altri paesi dell’Unione». Al di là delle obiezioni giuridiche, i sindacati contestano la nuova legge anche sotto il profilo economico: «Gli immigrati – sottolinea Belci – producono il 10% del Pil regionale e versano ogni anno 100 milioni di tasse. Nonostante questo, migliaia di immigrati si vedranno negare servizi finanziati anche attraverso le loro tasse».
Durissimo anche il segretario della Cisl Giovanni Fania: «La legge 39 – afferma – va a colpire persone che cercano soltanto lavoro e stabilità. Quello che serve a questa regione non sono le ronde, ma politiche vere di integrazione». Diritto all’unità familiare, cittadinanza ai nati in Italia, diritto di voto alle amministrative, pari opportunità nell’accesso al welfare: queste le richieste che i sindacati rilanciano nei confronti del Governo e della Regione. «Perché i cittadini da tutelare – conclude Fania – sono tutti quelli che lavorano onestamente, a prescindere dal colore della pelle e dal paese di provenienza, non certo quelli che sfruttano la povertà altrui, affittano a nero case o capannoni e abusano del lavoro a basso costo».